La Comunità di Progetto Bollicine d’Abruzzo DOC ha l’obiettivo di accrescere la promozione e la conoscenza delle bollicine autoctone abruzzesi e di caratterizzarne l’aspetto qualitativo.
Abbiamo intervistato Vincenzo Angelucci, uno dei promotori e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Conosciamo Vincenzo Angelucci, referente e coordinatore del progetto.
Consulente aziendale nel settore delle reti del marketing, è nel CDA, nonché socio, della cantina Eredi Legonziano per la quale si occupa anche della parte commerciale e promozionale.
Eredi Legonziano è una realtà cooperativa che negli ultimi anni si è distinta soprattutto per la produzione di spumanti Abruzzo DOC. Costituita nel lontano 1968 è una delle nove consociate di Citra Vini, raccoglie nell’area frentana circa di 200 soci (circa 400 ettari complessivi di terreni) e ha una produzione annua che si aggira intorno alle 45000 bottiglie di spumanti.
Come e perché nasce il progetto?
Nasce dalla volontà di valorizzare le “bollicine” DOC abruzzesi.
Gli spumanti sono sempre più apprezzati sia dal mercato nazionale che internazionale, quindi bisogna cavalcare l’onda. Attraverso la Comunità vogliamo contraddistinguere le nostre bollicine autoctone, renderle riconoscibili per le loro caratteristiche peculiari, la personalità e le specifiche organolettiche.
La necessità è quella di creare un brand Bollicine d’Abruzzo DOC.
Carmine Festa, il primo enologo di Eredi Legonziano, già negli anni ’80 aveva intuito il potenziale dei vitigni autoctoni abruzzesi per la produzione delle bollicine e la necessità della trasformazione in loco. Da lì è cominciata la nostra storia e oggi Eredi Legonziano può considerarsi precursore e cantina leader, in Abruzzo, nella spumantizzazione delle uve autoctone in quanto prima realtà sul territorio a fregiarsi per lo spumante della denominazione Abruzzo DOC.
Bollicine d’Abruzzo DOC, quali sono le sue peculiarità?
Sono realizzate esclusivamente con vitigni autoctoni locali e anche i tagli sono fatti con vitigni abruzzesi. Per decenni siamo stati fornitori di vini per basi spumante per i grandi imbottigliatori del Nord Italia fino a quando, venti anni fa, abbiamo deciso di iniziare a spumantizzare sul territorio, qui in Abruzzo, con Trebbiano, Pecorino, Passerina, Cococciola, Montonico, e persino Montepulciano d’Abruzzo. Solitamente per gli spumanti si utilizzano Chardonnay, Pinot Noir, e altri vitigni internazionali particolarmente vocati. Quindi produrre bollicine con i vitigni autoctoni rappresenta una sfida, che non appartiene solo a noi: in tutte le regioni italiane si cominciano a produrre bollicine autoctone locali con ottimi risultati. Negli ultimi vent’anni anni, grazie all’avvento e all’affermazione del prosecco, che ha reso lo spumante accessibile a un platea più ampia, il consumatore ha acquisito una cultura delle bollicine rispetto al passato.
Come cantina produciamo basi spumante per tutti i vitigni autoctoni presenti nell’entroterra chietino, in particolare nell’area frentana, nei territori di Lanciano, Castel Frentano, Sant’Eusanio del Sangro.
Accanto ai bianchi già citati, anche il Montepulciano d’Abruzzo, difficile da gestire nella spumantizzazione in purezza e che utilizziamo, attraverso i tagli, negli spumanti rosé.
Negli ultimi anni si è affermata anche la tendenza del “monovitigno”, ma nel caso dello spumante l’impiego di un solo vitigno non garantisce un risultato migliore rispetto a una bollicina “assemblata”. Noi attualmente produciamo spumanti, in particolare metodo Charmat/Martinotti che amiamo definire “metodo italiano”, che hanno la prevalenza di un vitigno anziché il 100%. Nella nostra gamma, che contempla cinque metodo italiano e tre metodo classico è presente solo una bollicina vinificata in purezza, un metodo italiano biologico, 100% Pecorino, affinato sei mesi in autoclave, un esperimento che abbiamo introdotto quest’anno.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
L’obiettivo primario riguarda la promozione, bisogna qualificare il prodotto, a cominciare dal mercato locale. Quindi dobbiamo sensibilizzare il consumatore, conquistarlo, far conoscere le bollicine DOC attraverso degustazioni, visite in cantina. E’ importante far capire che a parità di qualità scegliere un prodotto DOC significa aiutare l’agricoltore locale. Siamo sicuri di essere all’altezza delle bollicine del nord, ma dobbiamo lavorare sulla promozione, sulla divulgazione, sulla cultura del consumatore e nel capire quali sono le dinamiche per aiutare il produttore.
Noi di base abbiamo una mentalità cooperativa, e i nostri risultati positivi possono dare un vantaggio importante al produttore locale.
L’altro obiettivo si focalizza sulla caratterizzazione tecnica ovvero elevare l’aspetto qualitativo della produzione autoctona di spumanti attraverso lo studio, l’individuazione e l’impianto di vigneti sperimentali, anche in collaborazione con enti locali presenti nel territorio del disciplinare Abruzzo DOC, in zone montane con microclimi che esaltino le qualità necessarie richieste per le migliori basi spumante.
Quali sfide?
Caratterizzare con i vitigni autoctoni gli spumanti territoriali e far cadere pregiudizi e preconcetti nei confronti delle nostre bollicine locali che non sono inferiori ai più blasonati spumanti del nord o ai francesi. Questo significa che non dobbiamo porci dei limiti, spesso siamo troppo umili e non valorizziamo a sufficienza il nostro lavoro e valore.
Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Siamo stati primi a produrre bollicine Abruzzo DOC. Della produzione regionale rivendicata a Spumante Abruzzo DOC, la grandissima parte dei terreni è gestita dai nostri soci. Siamo stati primi e quasi unici a intraprendere questa strada, a crederci e perseverare.
Alla Comunità di Progetto aderiscono Eredi Legonziano, come cantina produttrice e cooperativa che trasforma il prodotto conferito dai soci, i produttori di Uve Abruzzo Doc Spumante, esperti di marketing del vino, enologi, in particolare focalizzati nel mondo delle bollicine.
Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
In questa fase stiamo raccogliendo adesioni e cercando portatori d’interesse. Inoltre abbiamo individuato i potenziali Comuni dell’entroterra, rientranti nella DOC, per una futura sperimentazione (Altino, Archi, Atessa, Bomba, Casoli, Fara Filiorum Petri, Fara San Martino, Gessopalena, Guardiagrele, Lama dei Peligni, Palombaro, Pennapiedimonte, Pretoro, Rapino, Roccascalegna, Tornareccio).
Stiamo anche lavorando sul fronte promozione e valutando alcune opportunità di collaborazione per la realizzazione di eventi formativi e degustativi.
Un esempio può essere quello del dialogo con il Comune di Roccascalegna: il Castello può offrire un grande potenziale in termini di visibilità ai nostri prodotti, quindi una collaborazione con loro sarebbe auspicabile e potrebbe portare beneficio a tutti. Dobbiamo uscire della logica del turismo per settori e allargare la visione, arricchire l’esperienza turistica per chi visita un territorio, mettere insieme un sito d’interesse culturale con le bollicine o altri prodotti locali.
È fondamentale collaborare, dialogare, trovare il modo di interagire anche con le altre comunità di progetto. Il vino ruota intorno all’esperienza e noi dobbiamo vendere un territorio, non un singolo prodotto.
Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Due tipologie di risultato, uno relativo all’immagine del prodotto e uno più tangibile, ovvero riuscire a posizionare il prodotto in più ristoranti, enoteche e locali possibili, a cominciare da quelli abruzzesi.
È necessario far crescere la reputazione di questo prodotto che è ancora poco conosciuto, anche se il nostro rimane un mercato di nicchia.
Bisogna far comprendere al consumatore finale che il nostro prodotto non ha nulla da invidiare ai più blasonati spumanti del Nord Italia.
L’obiettivo è valorizzare le bollicine d’Abruzzo DOC, così da migliorare la condizione dei produttori locali.